venerdì 29 luglio 2011

a Firenze col Tiorfix.

Come tutti gli anni ho il raffreddore a luglio.
Quando viaggio porto sempre una scatolina con una ventina di pastiglie, perché non si può mai sapere. Quasi sempre non servono.
Quando si inizia a scegliere le "medicine da viaggio", si comincia pensando di portare solo lo stretto indispensabile. Si inizia da un paio di bustine di Aulin. 
L'Aulin però fa venire il mal di pancia. E allora si prendono anche i fermenti lattici. 
Ed ecco che scatta la reazione del "ma poi".
Ma poi potrebbe venirmi la diarrea. E allora agiungo il Tiorfix.
Ma potrebbe anche essere influenza intestinale. E contro il vomito serve il Plasil.
E se mi vengono le placche meglio portare l'antibiotico.
Ma poi, se viaggio in aereo, meglio mettere dentro anche un paio di tranquillanti, che altrimenti mi agito (se non ho i tranquillanti, mica per l'aereo!).
E se a Marco venisse l'allergia?  meglio portare dell'antistaminico. Zirtec.

Solo a Firenze, questo febbraio, il kit è servito a qualcosa. 

Il secondo giorno è iniziato con un "oh, oh, devo andare in bagno".
Tiorfix. 
Uffizi. Oltre agli splendidi capolavori, la Galleria ha delle toilettes veramente confortevoli.

Il pomeriggio Marco mi chiede di salire sulla cupola di Santa Maria del Fiore. E io non riesco a dirgli di no, perché ha gli occhi di un bambino e mi piace vederli ridere. Così saliamo. Solo che ci sono veramente tanti gradini, scavati in un cunicolo stretto che si percorre a testa china. Tutto il tempo prego dio che non mi faccia venire un altro attacco di diarrea, perché farla sopra a una chiesa mi sembrerebbe poco romantico, quasi una bestemmia, figuriamoci coi giapponesi tutt'intorno e le loro macchine fotografiche.
Finisce bene.

La sera andiamo a mangiare una pseudo fiorentina. Più che al ristorante io sto nel bagno del ristorante. Così Marco fa amicizia con due vecchi francesi offrendogli cantucci e vin santo.

Arrivo al b&b che sono stremata.
"E se sto male anche io, cosa faccio?" mi chiede.
"Se stai male ti curo."

Gli basta, ci addormentiamo.



lunedì 25 luglio 2011

La Maddalena.

Oggi ci sono le nuvole, mi viene voglia di mare.
Alla Maddalena il mare sa di cielo, e in Sardegna il cielo è sempre azzurro. 
"Noleggiamo un motoscafo!" ci avevano detto i nostri uomini, ma il mare ingoia, ci ricordiamo, così si protesta, "facciamo il giro dell'arcipelago in barca,  piuttosto!"
Abbiamo la meglio.
Alle dieci si parte a bordo della "Città di Chiavari".
Marco, il capitano, è un omuncolo tuttofare. Sta al timone, riesce ad assecondare le onde e a  raccontarci l'isola, e nessuno parla, tutti lo ascoltiamo volentieri.
Ci fermiamo alle piscine naturali. L'acqua è limpida, più delle lacrime di un bambino. Si tinge di bianco vicino alla spiaggia, lì il sole si specchia e rimane a guardarsi fino a sera. Ci si tuffa allegri e finché  mi immergo con la maschera mi chiedo che senso abbia il male. 
Ripartiamo che sono le due. E il nostro capitano, che è pure un ottimo cuoco, cucina una pasta al dente per tutti i cinquantadue passeggeri. 
Mi piacciono i marinai perché camminano scalzi e perché sanno ringraziare: gettano ai gabbiani i gamberoni rimasti, il mare nutre loro e loro nutrono il mare, ci spiegano. E' un rito. Al povero Mirco, nostro compagno di viaggio ancora affamato, non resta che invidiare i gabbiani.
Tocchiamo altre spiagge, nel pomeriggio le onde sentono che presto arriverà il maestrale e sono nervose, cominciano ad agitarsi. Rientriamo al tramonto. 

Facendo la doccia penso senza nuvole si vive più felici.



sabato 16 luglio 2011

La casa.

Mi piace avere una casa perché mi piacciono i ritorni. Mi ricordano com'è abbracciare qualcuno quando non ci si vede da tempo. Abito in una cittadina sotto le montagne, spesso piove. Le nuvole vengono fermate dalle cime più alte, d'estate si accumulano temporali, d'inverno pianti lunghi settimane. Mi piace avere una casa per poterla lasciare, perché un abbraccio troppo intenso ti può stritolare, così parto per prendere respiro e avere nostalgia di quello che ho appena lasciato. Mi piace avere una casa perché so che la porta rimane sempre aperta. 
Solo se esiste un inizio si può raggiungere una fine. Solo con la partenza ci potrà essere il ritorno.