Duemilaeundici. L'anno razzo. E' partito ieri e già non lo riesco più a vedere, è arrivato il tempo di spararne uno nuovo.
Del vecchio tengo le scintille.
L'estate a digerire, distesa sull'amaca.
Io e mio fratello che ci ritroviamo in stazione, lui mi chiede posso abbracciarti. Non se ne parla proprio, rispondo. Mi solleva in alto comunque. E anche se mi vergogno penso che abbia fatto bene.
Serena e la vita tranquilla, che le ha fatto ritornare gli occhi di quando da bambina guardava gli animali.
La prima volta dietro un leggio, il silenzio di chi ti ascolta e che ti fa continuare.
La Holden ai miei piedi, quando mi sono ribellata al quel cazzone di Bianchini.
Il santo tabù e le cene tossiche nella cantina di Michele.
Il mio esibizionismo ginnico e il tour con le ragazze di step.
L'Erika e il nostro bisogno di far qualcosa di stupido senza poter più andare a Miss Italia.
La Pablota terrorizzata, che anche il giorno della sua laurea si è dimenticata il fondotinta.
La città di K dentro un fiume e Agota, dentro a una tomba. Per sempre.
Tutti pazzi per amore, dio lo salvi.
Le mie idee geniali.
Marco che scioglie i miei nodi e mi ritrovo semplice.
Il pesce volante e tutti i miei lettori.
Il tempo di crisi che dovrà passare. E passerà. Perché sono felice e dobbiamo resistere.
Tutti quanti.