lunedì 31 dicembre 2012

31 dicembre 2012

Colloqui, tanti. Soldi, pochi.
Non posso vincere sempre, imparo a perdere e qualche volta mi manca il fiato.
Taglio tutti i capelli, i pareri li soffia via il vento. 
Una mattina, senza scarpe e coi pantaloncini corti, ci si vede in stazione e mi fido di te.
Bastano due guantoni per farmi sentire leggera. Non so più dosare la forza, la vigilia ti tiro un pugno per gioco, ti spezzi e mi vuoi bene comunque.
Tra donne si fanno riunioni straordinarie per capire parole nuove: suocera, estero, morte. 
Berlusconi sta diventando cartone animato, chissà che con la salamoia si sciolga e non rimanga niente.
Con la Chimay mi vengono i sudori freddi, vomito. A 27 anni prendo la mia prima sbronza dolorosa.
I ragazzini hanno cominciato a darmi del lei, quasi sempre.
I miei alunni, quando dico molto bene arrossiscono anche se hanno la pelle scura.
Per consolarti mi trasformo in montagna e ti metto in cima.
Mia sorella. Che rimane la solita pirla arrogante, se non ci fosse sarebbe un problema, l'ho capito sta notte.
Il corridoio di ieri e le braccia spalancate. Mi solleva in alto e mi stringe fortissimo. Io penso evviva!

Il futuro esiste a tratti, mi sento coraggiosa, forse qualcosa di buono quest'anno l'ho combinato.



lunedì 17 dicembre 2012

Canzone triste

Lo sai perché il cuore è diventato grigio e fuori la neve è bianca e mi racconti che quando cade ti senti bambino.

Lo sai perché il cuore è diventato grigio, anche se grido parlo una lingua che capisci a singhiozzi-bevo un bicchiere d'acqua capovolta, magari nella pancia mi cresce la tua voce.

Le vedi le nuvole che scaldano il cielo in dicembre, la notte si fanno scure e penso alle persone che ho lasciato cadere lungo la strada.

Le raccolgo per provare a tornare a casa. Metto in tasca un sasso, assomiglia al tuo naso.

Lo sai perché ho il cuore grigio, che quando era rosso l'hanno mangiato le mosche.

venerdì 7 dicembre 2012

Questioni di carta

Alla riunione di ieri hanno letto il bilancio consuntivo.
Non ci sono state variazioni di spesa. Eccetto una.

Voi insegnanti consumate troppa carta igienica.

Tutti si guardano, incerti se prenderla in ridere o se vedere il lato tragico della faccenda. 

Quello d'informatica esplode.
Non ci date quella a più strati, per forza che ne consumiamo tanta, altrimenti ci sporchiamo le dita.

Nell'appartamento universitario la carta igienica non la voleva comprare nessuno, era una bene comune, figuriamoci che la compro io.

Così mi viene un'idea brillante.
La rubiamo dal bagno del dipartimento, a Linguistica siamo in pochi, non ci vedrà  nessuno. 
All'università avevano i rotoloni giganteschi di quelli che durano tre mesi e pesano tre chili.

Io faccio il palo, la Pabli agisce. 
Finché la aspetto mi sento una cretina e prego che nessun professore abbia la diarrea.

Quando esce ce la filiamo. Ha messo il rotolone dentro lo zaino, ma è talmente grande che da fuori si vedono i bordi. Le sto dietro per coprirla.

A casa mettiamo la carta sullo sgabello in bagno, ce la ridiamo e ci sembra un trofeo.

Oggi, riscrivendone, penso che la parola giusta per descriverci sia pezzenti, quella per descrivere  la carta igienica sia abrasiva.

Ci bastava l'avventura per lenire tutto il resto.



martedì 4 dicembre 2012

Un appello

Scuola Holden, Esordire.
La Pabli, una delle mie migliori amiche, lo scorso novembre ha letto un suo racconto davanti a cinque editor, gente giovane che lavora per alcune delle più importanti case editrici italiane.

Com'è andata? Le chiedo.

Mi spiega che è stato bello. Perché gli editor le hanno dato consigli utili. 
Ilaria, mi dice, questi il loro lavoro lo sanno fare bene. Hanno saputo mostrarmi cose della mia scrittura che non avevo pensato, molto azzeccate. 

Il venerdì seguente finisco di leggere una delle cantonate di questo 2012.
E poi... Paulette di Barbara Constantine.
Bella copertina, la storia sembra originale, Einaudi Big, lo compro.

L'ho finito solo perché mi è costato 17 euro.

Vi giuro, ho pensato di mandare una mail alla scrittrice. Come si dice schifo in francese? Perché cara Barbara, il tuo libro è di una banalità imbarazzante, dov'erano gli editor che hanno criticato la Pabli (che scrive mille volte meglio) quando hanno deciso di far uscire il tuo libro?

Quando lo racconto alla mia amica mi risponde, mi sto dando ai classici per evitare delusioni. Auguri.
La capisco, ma non è giusto. 

Io credo che la massa legga prevalentemente porcherie per due motivi.
1 Perché vuole leggere porcherie. E purtroppo, lì si può fare poco.
2 Perché non sa orientarsi bene, c'è troppa spazzatura, i criteri per trovare un bel libro, che non sia di un autore morto da almeno cento anni, sono piuttosto complessi. Il nome di una casa editrice non è sicura garanzia di qualità. Anzi.

Io per esempio mi sono fatta il giro dei blog di fiducia, è stato su quello di B Bianchi che ho scoperto Sinapsi, uno dei libri più belli di questo decennio.
Poi c'è il passaparola, è vero, ma anche lì, uno deve conoscere i tuoi gusti e ci vuole criterio anche nelle conoscenze, uno deve sapere prima di chi si possa fidare.

Insomma, porca miseria.
Non lamentiamoci se la maggior parte della gente legge minchiate. Pubblichiamone meno, proponiamo qualcosa di migliore e vedrete, qualcuno, non tanti magari, ma qualcuno affinerà i suoi gusti.

Facciamoli lavorare questi editor di talento invece di mandarli a criticare per finta le poche persone che scrivere lo sanno fare davvero.


lunedì 26 novembre 2012

La solitudine

1993. Gita nel bosco. Mettetevi in fila per due. Le femmine cominciano a cantare "Marco se n'è andato e non ritorna più". La cantano tutte. Io le guardo e le odio, perché trovo che la canzone faccia schifo, in più neanche la so e mi sento esclusa. Provo a imparare le parole giusto per non fare sempre quella musona. Solo che poi mi vergogno a ripeterle, a me piacciono i Power Rangers, con Michele e la Giulia ci scambiamo le figurine e in più vorrei sposare Jason, il Power Ranger rosso.
Penso che i maschi siano molto più interessanti e che forse potrei diventare maschio anch'io.

Posso tagliarmi i capelli? chiedo a mia madre quando salgo in macchina. Alla parrucchiera mostro una foto, voglio tagliarmeli come lui. Andavano di moda i codini e non dico altro.
Prende le forbici e me li taglia tutti, tranne il codino.

Scopro che coi capelli da maschio non divento bambino, ma scimmia.

Scimmio, tutt'al più.




lunedì 19 novembre 2012

Fight club

La forza di un pugno la imprimi col movimento del bacino, devi farlo ruotare quando colpisci. Tieni piegate le gambe e mettiti diritto. Nella posizione di guardia il braccio destro protegge il mento, il plesso solare e il fegato. Tieni il braccio attaccato al corpo, altrimenti l'avversario ti infila un montante e sei finito.

Mi avevano detto di non andarci. A boxe ci saranno solo uomini e in più extracomunitari.
Mi sono iscritta.
A pugilato ci sono solo uomini, molti extracomunitari.

Mi piace tantissimo.

Ho imparato a fasciarmi le mani, altrimenti si rompono. Voglio le bende gialle, ce le hanno solo nere. Siamo in trenta, in uno scantinato umido.  Quando i senior si esercitano ai sacchi soffiano dal naso e mi ricordano i rottweiler. Il ring è nell'angolo, quando ci salgo mi gaso solo se non ho avversari. Però ho imparato a fare gli addominali sospesa. Più o meno.

Guarda sempre chi hai davanti. Immagina che a unirvi ci sia una corda, deve passare esattamente tra le tue e le sue gambe. Non voltarti, mai.

Gli abbiamo detto di continuare. Eravamo a cena tutti insieme. Il pugile bambino ha i capelli rossi, sedici anni, vuole smettere di studiare.

Finisci le superiori, gli dico io. Poi fa quello che ti piace.

Luca invece fa il carpentiere, aspetta la seconda bambina. La chiamerà Gaia. E' altro due metri, se si incazza ti uccide. Però è buono. 

Studia il più possibile, gli dice, perché io non l'ho fatto e devo fare un sacco di straordinari per avere una vita normale. Studia più che puoi, altrimenti non hai futuro.

Il pugilato è uno sport leale. Tutti mi aiutano a imparare. Mi spiegano che devo piantare i piedi, senza sbilanciarmi.

Al pugile bambino nessuno glielo dice che la gente, fuori, non sa più qual è la strada per tornare a vincere.

domenica 18 novembre 2012

Buona domenica

Cari amici. 
Ce l'ho fatta!
Il famoso progetto che mi teneva impegnata, sono riuscita a concluderlo. Credo di aver scritto qualcosa di buono. Anche di importante, spero.

Adesso tocca agli Amor Vacui, faranno camminare le mie parole.

Incrociamo le dita, anche quelle dei piedi!






venerdì 9 novembre 2012

Musicognomica.

Chi ascolta funcky di solito ne sa a pacchi. Anche dei rapper non ho mai diffidato.
Un metal quasi sempre è un invasato. 
Se uno ti dice che ascolta pop non vuol dire niente. 
L'indie è pop. Troppo generico.
Dire rock è troppo vago, uno è serio solo se specifica quale tipo di rock gli piace.
Il raegge mi fa cagare.
I Led Zeppelin li odio. Di loro non so niente. Anzi, so solo che ficcano EHI BABE in tutte le canzoni.

Prima dei cd ascoltavamo le musicassette gli Indimenticabili, erano i favolosi anni Novanta, mio padre le trovava su Panorama.  
Mentre i miei gusti musicali  sono rimasti quelli di una novenne, mia sorella è diventata un'esperta. L'adolescenza se l'è passata a sgomitare sotto i palchi, perché un concerto non è un concerto se il giorno dopo non stai male. Tornava a casa coi lividi delle transenne stampati sui fianchi, le spalle ustionate e il sonno dentro le occhiaie.

Serena a tre anni riusciva a pestarmi. E anche in fatto di musica, l'esperienza l'ha quasi sempre usata per prevaricare.

Prima di presentargli il mio attuale fidanzato mi aveva detto, Ilaria lasciaci da soli dieci minuti, ci penso io a capire che persona è. Gli faccio il test della musica.
Era il nostro primo appuntamento.

Ora. Meglio il test della musica che esser pedinate fino al castello, com'era successo col primo, a sedici anni. Lei e Massimiliano si erano appostati dietro la chiesa, a ridere come babbei, aspettando il bacio. Abbiamo dovuto prenderli a sassate.
Dicevo.

Conosce Marco, lo guarda e gli chiede, allora, mi hanno detto che sei batterista, ma tu che genere di musica ascolti PRECISAMENTE?

Lui candido le risponde, mi il piacciono metal e Ozzy Osbourne. 
Serena inarca le sopracciglia, mi guarda di striscio.
E Marco continua. Ho anche un pipistrello di peluche in macchina, ci ho fatto ricamare da mia mamma la scritta Ozzy sulla pancia.

Io l'ho trovato tenerissimo. 
Lei no.

Ricordatelo bene Ilaria, un uomo che ascolta Ozzy Osbourne è un uomo medio, una donna che lo ascolta è un'emerita sfigata. Se lo frequenti non farti influenzare.

Così Marco e Serena sono diventati cognati.
Chiedi a tua sorella cosa suonano all'Arcadia. Le mando un messaggio, siamo fermi al semaforo. Ci risponde.

Fanno del doom post rock metal se vi piace andate, sono molto bravi.

Ci guardiamo. Io rimango in silenzio perché già sono ignorante, meglio non tirarsi la zappa sui piedi. Lui si irrita.

Che poi Serena cosa voleva dire doom post rock metal? Glielo chiedo ora, visto che ne sto scrivendo e ce l'ho qui vicina.

Ilaria, intanto nel messaggio c'erano delle virgole, non va scritto tutto di seguito. Imparalo. E poi se non lo ascolti, non posso spiegartelo. 

Grazie.

martedì 30 ottobre 2012

La barista

La guardi e ti chiedi se sia già notte e invece sono le sette e vuoi un caffè macchiato e una brioche alla crema, se non c'è dammi pure quella alla marmellata. Si è truccata da Cleopatra anche se la padrona la costringe a mettere il grembiule. Allaccia solo le stringhe in vita, lascia a penzoloni la parte di sopra, così gli uomini possono infilare gli occhi tra le tette strette a fessura.

Quando era bambina ha guardato le ragazze del Coyote Ugly. Nessuno le ha spiegato che nei film le bariste sono attrici.

Mette la gonna corta ed è gelosa dei sorrisi. Li fanno soprattutto alla padrona, che ha le fossette ed è un piacere vederla ridere. Lei si chiede come mai la gente si interessi ancora di una donna vecchia, senza tacchi né profumo.
La gente, quando lei vuole parlare per forza, prende la Gazzetta e fa finta di tifare qualche squadra.

Quando è morta sua madre le sono mancate le forze, il male è male per tutti.

E' andata al lavoro, perché il bar è un po' come una casa, si è seduta vicino ai videogiochi e la padrona le ha fatto un sorriso, le ha stretto la mano.
Siamo andati ad asciugarle le lacrime invece di ordinare il solito spritz delle sei e mezza.
Lei cercava di farsi coraggio, aveva il viso a righe, il mascara se l'era messo comunque.
Sono disperata, ci ha detto.

Quando è andata a dormire tutto sommato era contenta. 
Quella la gente è venuta per me, ha pensato.
Erano in tanti.
E' così che ci si deve sentire quando si balla sul bancone del Coyote Ugly.

venerdì 26 ottobre 2012

Medioevo bis

Una volta agli scienziati cavavano gli occhi, altrimenti, ancora meglio, li bruciavano, magari in gruppi, su pratici roghi. Cosi ci si scaldava pure.

Nel 2012 mettono in galera i sismologi perché non hanno saputo prevedere un terremoto. O meglio, perché hanno sminuito la portata dello sciame davanti alla popolazione, che non ha potuto tutelarsi.

Ora, chiarisco subito che le mie saranno chiacchiere incentrate più sul concetto di scienza, che dissertazioni sulla sismologia e sentenze varie, non avrei competenze sufficienti.
Per scrivere questo post però mi sono informata.

Sapete, credo che questa sia l'ennesima figura di merda davanti al mondo. E la reputo una figura di merda abbastanza colossale.
Provate a leggere il verbale della commissione Grandi Rischi, redatto sei giorni prima del cataclisma, ve l'ho linkato qui sotto.
A me i dati sembrano esposti chiaramente.
Sono state registrate tot. scosse, non si può dire se ce ne saranno di forte entità (si fa rifermento a quella del 1703), ma si dovrà controllare al più presto lo stato di salute di alcuni edifici.
C'è scritto nero su bianco.

Ora, non si accusano gli scienziati della morte di tutte le 309 vittime ma solo di quelle, una trentina, decedute perché sentitesi rassicurate dai Grandi Rischi.

Ecco.
A me par che la commissione non abbia rassicurato nessuno. Un amico aquilano mi ha raccontato che la sera del terremoto, a Pescaia, una delle zone più colpite, la gente la sera fosse scesa in piazza cercando di proteggersi stando all'aperto. Le autorità competenti l'hanno costretta a rincasare.
Poi il disastro.
Sapete, io non credo che uno scienziato si prenda una responsabilità così grande, sa  bene che la scienza è una disciplina che procede per falsificazioni, come direbbe Popper, una teoria è vera fino a quando non viene falsificata. 
La scienza non è infallibile, attraverso i dati si può osservare meglio la realtà, non si può pretendere di riuscire a indovinare come sarà il futuro.
Il futuro esiste solo quando diventa presente.
Il verbale sintetizza una raccolta di dati, i sismologi hanno svolto il loro lavoro. Mi pare che dell'ermeneutica spicciola si sia occupato Bertolaso con tutto il suo clan.

In Italia si sopravvaluta la scienza, si sottovaluta il potere delle parole.
Dice bene Oddifreddi, se un paziente muore la colpa è del medico, se un malato di cancro guarisce è solo merito delle preghiere, mica delle chemio e di tutte le medicine.
Verba volant, chi ha dato aria alla bocca pure.

Mi pare che per certi italiani l'arte di puntare il dito alla cazzo sia diventata uno sport.
Pensiamoci bene.



Miei cari, vi predico che un giorno il Vesuvio erutterà.
Vi siete costruiti la villa sotto il vulcano?
Fate causa a Paolo Giacobbo, com'è che Voyager non l'aveva previsto?

Un paio di link:
Verbale della commissione grandi rischi, Aquila- 31 marzo 2009
Il post di Oddifreddi



martedì 16 ottobre 2012

Che tempo che fa

Ho sempre creduto che quella di Fazio fosse una delle migliori trasmissioni Rai. La più bella, forse. Il sabato sera mi preparavo tenendo spalancata la porta del bagno, cacca compresa. Alzavo la tv a mille e mi sedevo sopra il lavandino per mettermi il mascara.
Ilaria n'altra volta che te veda farlo e te te ciapi un copon!
Mi ricordo l'ultima apparizione di Meneghello e la prima del figlio del Capitano, nella pancia di Ilary. 

Che tempo che fa sapeva dare il giusto peso alla cultura, leggero ma non troppo, credo fosse merito dell'intelligenza di Fazio, che si è sempre manifestata aprendo spazi, c'era una sensazione di pulizia e di bellezza data dal non voler ostentare tutto, subito.

Ecco.

Ora, non so se abbiate presente quelle trasmissioni di Pippo Baudo, o ancora quelle di Carlo Conti, in cui si chiamano a cantare i Cugini di Campagna per celebrare i favolosi anni Settanta. Un Trionfo di nostalgia per chi li vuole guardare, un baratro di noia per chi se li deve sorbire.

Mia sorella l'altra sera ha espresso bene la sensazione che provavo ultimamente, non trovate che quello di Fazio stia diventando un programma nostalgico-cultural-chic?

Chi lo guarda non si commuoverà per i pantaloni a zampa, certo, ma per il prossimo Meridiano da ordinare in libreria.

Credo che Serena abbia ragione. E chettenefrega, mi direte. E io vi rispondo che un po' me ne importa, perché alle cose belle io mi affeziono e quando passano divento malinconica.

Trovo che in Che tempo che fa ci sia un autocompiacimento appena percepibile, ma che ha cambiato tutto, si è rotta la magia, nei gesti di Fazio, aimè, ci leggo retorica.  E mi pare che il nuovo sia finto.

Che tempo che fa?

Credo sia tempo che passato un bel programma, se ne faccia un altro migliore.










sabato 6 ottobre 2012

Il 12 febbraio

Eravamo a letto. 
E già che c'eravamo lui pensa bene di farsi quella che il buon Paolo Rossi chiamerebbe una sana sigaretta dell'ottimismo.
Prende un biglietto dal portafoglio e lo strappa, per arrotolarne un pezzo e fare il filtro.
Dormiamo appiccicati. Perché il giorno dopo lui sarebbe partito col treno per Parigi, quello con le cuccette che lascia Vicenza alle 20.51.

Ci svegliamo che è un giorno come questi, con la nebbia appesa al cielo e le strade umide. 
Puliamo l'appartamento, la sera prima era venuto Mirco a mangiare, c'erano ancora i piatti lerci sul lavandino e le bottiglie vuote sotto il tavolo.

E poi il mio amore torna a casa, perché deve fare la valigia e prepararsi per andare a Digione. Ci sono i baci, chiamami quando arrivi, fammi sapere che stai bene.
Va bene. E tu finché sono via non parlare ai maschi.
Certamente.
Ci sei solo tu.
Abbraccio.
Bacio.
Bacio.
Ecc.ecc.

Se ne va. E poi.
Poi, verso le sei mi suona il telefonino.

-Ciao! ti mancavo già?
-Ilaria, guarda che non mi piacciono per niente questi scherzi.
-Cazzo dici?
-Dove l'hai nascosto?
-Ma cosa ?!?
-Lo sai benissimo, dimmi dove l'hai nascosto che fra due ore devo partire.
-Marco, non capisco di cosa tu stia parlando.
-Non fare quella voce da finta tonta che lo so, è uno dei tuoi scherzetti, ma non ci casco. Non è proprio il caso. Dai, su, cresi un po'...

Mi irrito e gli sbatto il telefono.
Richiama subito.

-Marco, cos'hai, si può sapere?
-Non trovo il biglietto per andare a Digione. Ti ricordi dove l'ho messo?
-No, ma per chi mi hai preso? Hai guardato nelle tasche del giubbotto?
-Non c'è.
-Nella tasca davanti della valigia.
-No, Ilaria, ti pare che sia così stupido da non avere già guardato?
-Aspetta, do un'occhiata se per caso l'hai lasciato in camera mia. Tu intanto ricontrolla nel portafogli che magari l'hai messo in una tasca diversa e stiamo cercando per niente.
-Va bene.

E poi, sapete, finché apro i cassetti del comodino improvvisamente faccio bingo.

-MARCO?
-L'hai trovato???
-No. Non è che per caso ieri sera ti sei fumato il biglietto?

C'è un silenzio profondo.

Doloroso.

- Controlla la spazzatura.

Vado in cucina e mi metto a frugare nel sacco dell'immondizie. Intanto Marco parla da solo, bestemmia, soprattutto.

-Ti sei fumato il biglietto!
-L'hai trovato?
-Sì, l'ho trovato!
-Ma si può essere più coglioni?
-Credo di sì. Che giorno è oggi?
-12 febbraio.
-Sì, sì, si può essere. Questo è per l'undici. Saresti dovuto partire ieri.







Storia raccontata su gentile concessione del protagonista













martedì 2 ottobre 2012

Cedils

Leggi anche Cedils,parte seconda

Cari amici.

Questo settembre l'ho passato a studiare, forse e per la prima volta, qualcosa che potrà tornarmi effettivamente utile. Sono stata a Venezia e ho seguito il corso Cedils, propedeutico all'omonimo esame.
Adesso vi spiego cos'è.

Il Cedils è una certificazione per la didattica dell'italiano a stranieri. In pratica è un certificato che possono prendere i laureati in lettere o gli insegnanti di ruolo per attestare competenze didattiche specifiche. E' un esamone bello tosto, cinque ore di scritto come alla maturità.

Veniamo al ridicolo della faccenda.

Il Cedils in Italia ha mero valore culturale. All'estero è un titolo richiesto e riconosciuto.
In pratica, nonostante la fatica, in Italia continua a valere di più la carta igienica, il certificato è un plus che non ti abilita. Fuori invece può aiutarti concretamente a trovare un lavoro serio.
Alcuni compagni di corso abitavano già in Spagna, in Germania, in Polonia ed erano tornati temporaneamente proprio perché all'estero lo volevano assolutamente.

E ancora.

In ciascuno stato Europeo c'è un solo ente (Spagna-Cervantes, Germania-Goethe ecc.) per l'attestazione delle competenze linguistiche relative alla lingua dello specifico paese.
In Italia regna il caos. 
Strano.
Per quanto riguarda l'Italiano per stranieri se vai a Siena c'è l'Itals, a Venezia il Cedils, a Roma il Cestim e a Perugia qualcos'altro. Sicché ci si trova costretti a confrontare programmi, prezzi, uno cerca di destreggiarsi in equivalenze con il terrore di fare la scelta sbagliata.

Ho cominciato a spedire curricola in Belgio. Perché una mia parente aspetta un bambino e per la prima volta mi sono ritrovata a pensare che un figlio non vorrei farlo nascere qui. Chi ce lo fa fare?

Ho scoperto che per un periodo mio nonno è stato apolide.
Ricordati che certe cose ti rimangono nel sangue, vai via, mi ha detto un amico.

I pesci volanti quando l'acqua del mare marcisce, devono imparare a stare a galla sulle nuvole.

Leggi anche Cedils,parte seconda









mercoledì 12 settembre 2012

L'ospedale


Dal punto più alto della città si vede un parcheggio. Più in là ci sono un gruppo di pini e una chiesa.
La vedi di sfuggita e anche se non preghi ti aggrappi alla croce quando cadi. La strada è abbastanza lontana, puoi contare le macchine passare e sparire, come le pecore quando devi addormentarti.
Solo che tu hai deciso di morire.
Sei salita fino all'ultimo piano in ascensore. Una donna aveva l'occhio bendato, è stato mio nipote, ti ha detto. Le hai sorriso, è una cosa grave, le hai chiesto. Ti ha detto di no, passerà anche questa. Tu le hai sorriso di nuovo come se fosse un giorno a caso, uno in mezzo a tanti.
All'ottavo piano c'è il reparto di geriatria. Spingi la porta senza farti notare, entri come se presto dovessi uscire. I vecchi ti sentono, perché trascorrono le giornate ad ascoltare i rumori dei passi: ciabatte-infermieri-, tacchi -figlie-, ruote -morte-. Ti sei messa le scarpe da ginnastica perché oggi non è un giorno di festa. Un uomo pensa, forse è mio nipote. Invece rimane solo, senza accorgersene si fa prendere dal sonno e sogna la neve.
Sei andata alla finestra di una stanza vuota l'hai aperta, l'hai scavalcata.
Non hai voluto pensare a niente.

A tua figlia hanno spiegato che quando qualcuno muore non può più tornare. Piange improvvisamente, come i temporali d'estate. Cerco di calmarla tenendola in braccio, servo a poco. Allora comincio a raccontarle le fiabe, lei mi ascolta e si asciuga. La guardo negli occhi e tu continui a cadere.

Al paese sapevano che eri triste, è solo tristezza, ti dicevano. Passerà, vedrai, quando la bambina diventerà più grande. Capita a tutte.

Quando la bambina diventerà una donna saprà che all'ospedale si può andare per morire, smetterà di pensarti per non avere paura di diventare madre. 
Non ti dimenticherà, anche se agli altri dirà che era troppo piccola per ricordarsi qualcosa.

lunedì 3 settembre 2012

Customers' tales

Scusi, mi fa una madre con figlia adolescente al seguito.
Cerchiamo un libro. Il nero aldilà del cespuglio.
Imposto la ricerca. Nessun risultato.

Un buon libraio non deve lasciar trasparire quello che pensa. Mai.

Signora, il nero aldilà del cespuglio non esiste. Non sarà che ha sbagliato il titolo?
La ragazzina mi guarda. No, son sicura, me l'ha consigliato la professoressa di italiano. Devo leggerlo a scuola.

Un buon libraio deve avere fantasia e saper moderare la rabbia.

Senta, mi dice la madre, riprovi, magari il computer si è sbagliato.
Già. Si sarà sbagliato. Grugnisco.
Quando m'incazzo divento muta. Lancio la ricerca con le parole chiave. E finché digito m'illumino d'immenso.

Non è che la professoressa ti ha consigliato Il buio oltre la siepe?
E la ragazzina mi fa, sì, quello lì, Il nero aldilà del cespuglio, è uguale, insomma.

Un buon libraio dev'essere pure un po' veggente. 
Capitano gli uomini che ordinano, senta, questa settimana ho letto una bellissima recensione sul Corriere, ma non mi ricordo né l'autore né il titolo del libro. Però so che era un romanzo. Me lo trova?
Al ché gli spieghi che sarebbe opportuna almeno un'informazione più precisa, magari, suggerisco, provi a ritrovare l'articolo. E quello ti risponde facendo il brillante, mi pare che l'autore si chiamasse Mark qualcosa.

Qualcosa è ancora un po' troppo generico.

Giustamente, per compensare, arriva quello che ti chiede, scusi, vorrei un libro sulle invasioni degli extraterrestri, dove tenete il reparto Ufologia e alieni vari?

Ormai ci hai fatto l'abitudine.
Vorrei un libro per rispondere alle domande che mi farà mio figlio.
Domande di che genere?
Tutte, quelle che può farti dai 3 ai 15 anni.

Ci sono poi quelli che hanno bisogno di un consiglio.
Scusi, vorrei fare un regalo e avrei bisogno d'aiuto. Cerco un libro per un ragazzo di vent'anni che odia leggere. Cosa gli potrei prendere?

Ora mi domando. Se sapete che un ragazzo ODIA leggere perché non gli regalate una bottiglia di vino? o un Dvd, o un maglione. NO. Un libro. Che poi, quando lo riceve, poveretto, deve pure fingere di esser contento.
Tre settimane fa la cliente ha aggiunto, odia leggere ed è pure stupido.
Ho proposto Snoopy, che almeno son fumetti.
E la ragazza si è messa a ridere, nooooo non è mica così furbo!

Finché facevo lo stage ho trovato tre ragazzini che si masturbavano nel reparto eros. Il dialogo era il seguente.
Guarda questi che si inculano!
Guarda che lo fanno anche i tuoi genitori. E' che tu dormi.

La migliore è successa a una mia collega. Doveva prenotare un libro.
Con che nome? Chiede al cliente.
E lui risponde, facciamo Matteo.
Allora Sabrina chiede, in che senso facciamo Matteo? Ho bisogno dei suoi dati per avvisarla quando arriva  e tenerle da parte l'ordine.
E l'uomo riattacca. Facciamo Matteo Rossi, lo prenoti con questo nome. Non voglio si sappia il mio. Ripasso fra una settimana.

Trascorsi i sette giorni è tornato.

Posso avere il libro che ho ordinato?
Certo, mi dice il nome?
E io come faccio a saperlo? esclama il signore.
Sabrina sgrana gli occhi. E' lei che ha ordinato un libro, mi scusi.
A dire il vero non me lo ricordo proprio. Provi con Alberto Bianchi o Luca...si inventi lei il cognome, di solito ne uso di molto comuni. Magari così le viene in mente, signorina.

Il mondo è bello perché è vario. Il primo che l'ha detto faceva il libraio.















lunedì 27 agosto 2012

La spesa

Quando Marco va al supermercato si emoziona.
Se accompagno Marco al supermercato mi irrito.

Capita tutte le volte. Davanti al banco frigo si blocca. Comincia a guardarsi intorno. Cerca di pensare a cosa vorrebbe mangiare e si dà una risposta. Tutto quanto.

Così rimane piantato davanti al carrello vuoto, mi dice, fai tu che io non ci riesco. Allora insisto, cosa vuoi cucinare nei prossimi giorni? 
Non lo so.
Bene faccio io.
E immancabilmente attacca con la serie, beh, dai questo no.

Prendo i bucatini.
Lui prima tace, passiamo ai sughi.
Poi mi chiede, sei proprio sicura di volere i bucatini?
Sì, voglio i bucatini. Perché, tu no?
E lui, beh, non è che non li voglia ma hanno il buco e sono troppo spessi. Dai, i bucatini no. Cosa ne diresti delle mezze penne?

Procediamo per avversative. Prendo l'olio, ma perché non il burro? Prendo i Buondì, e se invece mangiassimo i Pangoccioli?

Uno degli ultimi capodanni passati a Padova siamo entrati alla Despar.
Mi ha preso la mano, mi ha detto, guarda quanti formaggi, mamma.
Mi chiama mamma ogni volta che entra in confusione. C'era anche Mirco, mi pare. 
Me la sono data a gambe, vi aspetto a casa che non ce la faccio.
E a casa mi è partito un attacco di panico, pensando che era sera e non avevamo ancora cucinato il cenone.
Sono tornati due ore dopo, felici e beati, loro. Già che c'eravamo abbiamo pensato di fermarci a bere qualche bicchierino di zibibbo. 
Certo che ti agiti per niente.

Sono appena tornata dalle vacanze. Giù in Toscana sono venuti a trovarci due cari amici e tutti insieme siamo andati a fare la spesa.

Marco.
Paolo.
Giulio.

Si fermano. Si guardano. Cominciano a consultarsi. E si consultano, si consultano, si consultano. 

Si consultano fino a quando comincio a scegliere i prodotti sugli scaffali. Quando butto i bucatini nel carrello, mi guardano ed esclamano, eh, no per dio, questi no! E iniziano una discussione su quale tipo di pasta sia il migliore per l'amatriciana. Sono concordi su cosa escludere. 

I miei bucatini.
Li odio.

Più mi irrito più loro ringalluzziscono. E Paolo si mette due meloni sotto la maglietta per ingigantire le tette, Giulio ordina tranquillo vorija un toco de formajo al commesso maremmano, che taglia il formaggio con la solita pace.
Sant'uomo. 
Si danno gran pacche sulle spalle, a Paolo cadono i meloni sulla cassa di albicocche e ci troviamo tutti a ridere, loro perché son maschi io per la vergogna.

Quando Marco torna dal supermercato e mi dice, dovevi vietarmi di comprare tutte queste cose golose, guarda quanto ho speso, io penso che la vita di una donna sia fatta di pazienza, ma che una sano vaffanculo allevii molti mali.


















martedì 14 agosto 2012

Fantasia

Se sei uno di quelli che hanno già messo in valigia Cinquanta sfumature di grigio fermati qui e smettila di leggere il mio blog.

Se invece hai bisogno di un consiglio, fidati, va' in libreria e ordina Sinapsi.

Sinapsi è una raccolta di racconti scritti da Matteo Galiazzo. 

Chi sarebbe questo qui? 
E hai anche ragione a chiederlo.

Matteo Galiazzo è uno scrittore che ha deciso di non scrivere più. Aveva talento, pubblicava negli anni Novanta con Einaudi. Faceva parte della Generazione cannibale. Io allora ero troppo piccola.
Di fatto un giorno ha deciso di smetterla, in fondo è bello anche il mondo fuori, così si è laureato in Economia e ha iniziato a programmare computer. Senza troppi rimpianti, a dire il vero.
Ed è una cosa rara se ci pensi, che uno decida di abbandonare, quando un sacco di gente sarebbe disposta a pagare pur di poter dire agli amici "ehi ragazzi, pubblico il mio libro!". E' come se, in tempi di silicone, una maggiorata naturale decidesse di ridursi il seno a una prima.

Credo che Galiazzo sia un tipo coerente, oltre che capace.
Lo stimo.

Perché i racconti compresi in Sinapsi mica si è messo a scriverli ora, eh no. E' stato B Bianchi con quelli di Indiana a raccogliere e a riordinare testi apparsi dieci, forse anche quindici, anni fa su giornali e riviste.

In Sinapsi c'è un sacco di fantasia, le storie sono come non te le aspetti. E anche se surreale e reale sono continuamente mischiati, presto ti accorgi di come lo sguardo di Galiazzo sia profondamente concreto e raffinato.

Bravo.

Ecco.
Ancora.
Per quelli che hanno comprato Cinquanta sfumature di grigio e comunque hanno letto questa recensione un consiglio.
Se volete eccitarvi, in Internet ci sono i porno gratis. Non lasciate che le librerie siano invase da parole sadomaso che volgarmente e per restare in tema, non valgono una sega.

Se allenate l'immaginazione con pagine ben scritte i pensieri diventeranno potenti e gli harmony ve li potrete inventare con qualcuno, magari in camera.


Un po' di link utili!









venerdì 10 agosto 2012

San Lorenzo

La crisi arriva anche per posta.

Mi ha spedito una mail una certa Miranda, mi predice il futuro senza guardare la mano. 

Pur incontrando delle forti zone di ombra, il suo cammino di vita porta delle promesse talmente straordinarie, che un Grande Spirito come me non può ignorarle ancora per altro tempo.

La Veggente Sensitiva sarebbe pronta ad offrirmi protezione, dimmi la tua banca e ti dirò chi sei, il Talismano dei Re te lo spedisco gratis.

E forse sono gli spiriti maligni che hanno fatto spezzare il tacco- porta i sandali dal ciabattino che te li riaggiusta.
Quando arrivo in negozio devo fare la fila, c'è odore di vernice e plastica nuova. Il calzolaio dice di avere troppo lavoro, gliele sistemo per settembre, ormai non riesco più a starci dietro. Suo figlio va in quinta elementare. Siede vicino al bancone, osserva il padre.

Quando sarà artigiano avrò smesso di fare la stagista?

E dimmi Miranda, che attrezzo userai per riaggiustare questo vecchio Stivale, come farai a pulire tutti i piedi che camminano nel fango e si sono tagliati?

Al telegiornale hanno trasmesso un servizio: un ragazzo ha comprato dieci campi, guadagna vendendo la verdura. Ha il volto abbronzato e i denti bianchi, vuoi le mie braccia che sono stanche di aspettare?

Perché vedi, cara Miranda. Credo che siano loro i veri indovini, che con la partita iva vendono il miele. 

Qualcuno ha deciso di scappare. E a forza di correre ce l'ha fatta davvero, non ritornerà anche se avrà nostalgia.

Sta sera ci sono le stelle.
Dimmi per cosa piange, quest'atomo opaco del male, che io non lo so più.







venerdì 3 agosto 2012

Afa


Quando le vetrine hanno smesso di ingoiare occhi e i tetti cominciano a guardare la luna, scendo in strada. Respiro l'odore d'estate, che qui sa di asfalto mischiato al sole. 

Trascorrevo le sere d'agosto in terrazzo, a contare i turisti che indossavano i sandali coi calzini. 

Quando passo davanti al Santo sono le due. E mi chiedo se i piccioni che hanno scelto di farsi il nido sotto le cupole ascoltino le preghiere che evaporano dai corpi sudati dei pellegrini e galleggiano verso il cielo.

Sotto i portici l'odore di sigaretta si mischia al rumore dei miei passi, forse dovrei cambiare direzione, le rotaie del tram mi indicano la via per scappare dal centro.

giovedì 26 luglio 2012

Speranza

Le mie più care amiche hanno provato l'esame per il Tfa. 

Parliamone.

Il tirocinio formativo attivo è uno stage che si fa a scuola, pagando 2.500 euro, dopo aver superato un maxi esame diviso in tre parti. 
Chi vuole fare l'insegnante e non è ancora abilitato deve averci per forza a che fare.
Bene, e allora andiamo con la prima, il quizzettone. Domande più o meno eterogenee relative alla classe di concorso cui vorresti essere abilitato. Ci si prepara ripassando i vecchi appunti di letteratura, si riguarda la grammatica, si conta sul centodieci e lode, qualcosa  avrò imparato, si spera.

Invece arriva il grande giorno e ti viene da ridere.

Ti chiedono gli autori di opere minori -dimmi chi ha scritto "Pesci Rossi"- che mai ti hanno spiegato e  che mai andrai a spiegare.
Dimmelo, dai, dimmelo chi ha scritto i versi "Cinto di fosche e tenebrose bende, / di nero manto e di funesto velo / veggio rotar per l’amoroso cielo / quel sol che solo i miei desiri accende", non lo sai ?!? E' perché sei un somaro.

E poi, ecco, le domande di geografia!

Ci hanno fatto integrare la laurea con un esame ulteriore, 140 euro, GEOGRAFIA CULTURALE, un esame di estetica sul senso del paesaggio.
E' servito così tanto che per rispondere alla domanda che stato non confina con il Mali è stato più utile essersi allenarti a La sfida delle città in facebook.

La situazione è talmente grottesca che ti viene da mandarla in vacca. Cosa vuoi farci, siamo in Italia, si riproverà.

Per il 2013 ci potremmo preparare sui libri con le simulazioni per il Milionario e magari da Gerry ci andiamo pure, abbiamo più possibilità con lui che con la cattedra, fidati.

Fare l'insegnante sarebbe bellissimo. Perché far crescere qualcuno significa migliorare un po' il mondo.
Invece ci chiedono chi scrisse le Cene -rispondete, coraggio- Anton Francesco Grazzini detto il Lasca, Agnolo Firenzuola,  Giovan Francesco Straparola o Matteo Bandello?

Altro che Cene, per il momento si rimane tutti a bocca asciutta.

E' che mi chiedo che senso possiamo avere, noi, che a trent'anni siamo ancora fatti di speranza. Perché anche quella, lo sapete, prima o poi marcisce. 
E l'odore di marcio sa di morte.



Per chi volesse leggere alcuni quiz:

giovedì 19 luglio 2012

Tempo

- Maestra, vuoi sapere come si chiama mio papà?
- Come si chiama?
- Luca. E vuoi sapere quanti anni ha?
-Quanti anni ha???
-Diciotto.
-Andrea, tuo papà lo conosco, mi sa che ha di più di diciotto anni...
-Hai ragione maestra, ne ha dodici.

lunedì 16 luglio 2012

Shorts

Camminavamo a braccetto, si scendeva lungo via Pasubio occupandola completamente, serravamo le braccia e diventavamo una catena. 

E in caso si spostano gli altri. 

Si marciava sui sandali Fornarina, centotrentamila lire, te le compro ma mi prometti che non le mostri a tuo padre. E se le vede non dirgli quanto sono costate.

Mia cugina le cambiava tutti gli anni, io solo se riuscivo a consumarle. Ma le suole di un paio di zeppe mica si bucano, così prendevo la forbici e tagliavo il laccio.

Non so come sia potuto succedere, mamma, il prossimo giugno bisogna comprarne un altro paio. 

Di sera si facevano le vasche in total white, jeans Onyx e perizoma in vista, possibilmente nero. Le "coppie per una sera" salivano al Castello. 
Vi siete baciati? No, abbiamo solo parlato. Però non dirlo alle altre.

Lo sapevano tutte.

Questo luglio qualcuno al bar mi chiede, signora, cosa prende? Io rabbrividisco e mi dico che forse non sono i miei anni, ma solo la cortesia eccessiva di un cameriere appena assunto.
Ordino un'acqua e menta, perché fa caldo e le gambe mi sudano. I pantaloni delle ragazze, invece, sono nascosti sotto le magliette, dovrei farmi la ceretta ma non ho abbastanza tempo. 

E in quest'estate, fatta di cosce  bambine e di shorts che eviterò di comprare, mi ritrovo a esser donna.

mercoledì 11 luglio 2012

Sgabelli

Alcuni editori hanno avuto un'idea.
Si sono detti, perché non pubblichiamo dei "bei" cartonati e li vendiamo a poco prezzo? Così in libreria cominciano ad uscire thriller e romanzi rosa (come non ne avessimo già abbastanza) con la copertina lucida e il bollino rosso: NOVE EURO E NOVANTA CENTESIMI!
Manco a dirlo vanno a ruba. 

Miei cari amanti del patinato, parlo a voi, che uscite dalla libreria contenti e convinti di aver fatto un affare.

Fessi.

Le storie che comprate sono, la maggior parte della volte, racconti scadenti, di bassa qualità, magari tenuti per anni negli archivi delle case editrici. Oppure storie preconfezionate, scritte con lo stampino e senza fantasia, cambiano i nomi dei personaggi, sai che roba.

Ora. Se vi interessa solo la copertina, magari perché volete costruire dei comodi sgabelli di tendenza, fate pure. Sono libri che funzionano bene anche in inverno, dentro la stufa per accendere il fuoco.

Ma se ci tenete, anche solo un minimo, alla sostanza, ecco. Per favore. Non fatevi ingannare dalle operazioni editoriali figlie della crisi che ci abbruttiscono ancora. Un buon economico vi darà soddisfazioni esteticamente meno brillanti, ma molto più gustose.

I libri vanno letti, per gli sgabelli scegliete Ikea.

sabato 7 luglio 2012

Sinestesia

E' una bambina come tutte le altre. Sotto i capelli cresce un filo di plastica rosa, accarezza la colonna e scende giù fino alla cintola. Sotto i pantaloni una scatola grigia raccoglie i rumori, li fa risalire.

Sua madre la capisco leggendo le labbra.
- Buongiorno.
- Buongiorno, tutto bene?
- Tutto bene.

Da noi, in casa, si urla usando il diaframma, se gonfi la pancia non perdi la voce, saper cantare è servito a qualcosa. Mia madre sa di storie e racconti sotto le coperte, mio padre di esplosioni insensate che riempiono il salotto di paura.
Il ritmo del mondo me l'hanno spiegato a parole.

La bambina ha una famiglia muta, vorrei passarci almeno un giorno per riuscire a vedere quello che non posso sentire.
Tempo-rughe, gioia-carezze, voce-silenzio.


mercoledì 4 luglio 2012

Pancia

Si mangiava il pane imburrato quando alle quattro si saliva per la merenda, mia madre ci spalmava sopra il miele, questa fetta è mia perché sono arrivata prima. 
Tornavamo in giardino saltando gli scalini, di tre in tre, il più coraggioso- tutta la rampa - aveva quasi sempre le ginocchia sbucciate, lasciavamo tracce di dita come le lumache quando piove. 

Apro il frigo, c'è lo Jocca. Ne mangio due scatole, il più in fretta possibile. E quando Gesù prende Marcellino fra le braccia- era un film in bianco e nero che mia madre noleggiava in videoteca- mi sciolgo in una pioggia di lacrime e crampi. Indigestione.


Nella clinica il rumore dei passi sa di ossa che si spezzano. Si aspettava il proprio turno con lo stomaco pieno di rabbia, se ti bevi un litro d'acqua le fai credere di avere preso un chilo. 


Estate 2011. 
Sono ingrassato. 
Papà, ti ingozzi come un maiale, è ovvio. 
I ghiaccioli non fanno mica ingrassare. 
Quanti ne hai mangiati sta sera?
Tutta la scatola e ho ancora fame.


Dicembre casalingo, ci si scalda in una cantina tossica, sigaretta-erba-stufa, cinque uomini e il tabellone del Risiko. Datemi il bis e i carriarmati gialli. Perdo in fretta, attacco tutti, mi stanco subito. Decido che la guerra fredda, fatta di donne è parole pugnale, è molto più avventurosa.


I bucatini all'amatriciana li mangiavamo dalla padella quasi ogni mezzogiorno, quanta fame hai? Parecchia. Trecento? Trecenta. Si studia fino a sera. Amatriciana? L'abbiamo mangiata a pranzo. E' giovedì, in frigo non c'è altro. Quanta fame hai? Tanta. Poi usciamo? Magari ci si prende un gelato.


Estate 2012. Mio padre e la dieta dissociata -ha rubato le riviste a mia sorella- risucchia la pancia quando si guarda allo specchio. 
Ho la pancia piatta?


Anche il cervello.
















martedì 26 giugno 2012

Ipocondria

- Hai semplicemente un raffreddore, smettila di lamentarti.
- Un raffreddore, in estate, non è mica normale.
- E' normale se tieni 25° in casa e poi fuori c'è Scipione
- Quando ero giovane non mi ammalavo così spesso. Forse dovrei farmi visitare.
- E allora fatti visitare, se ne senti il bisogno.
- Ma poi? Secondo te cosa dovrei dire alla dottoressa?
-Non lo so, te lo devo dire io? Raccontale quello che ti senti.
-Mi vergogno a dirle che ho solo un raffreddore. Mi fanno male anche i reni a dire il vero, quando mi soffio il naso. Forse dovrei fare una tac.
-Non hai male ai reni, hai male al diaframma perché continui a starnutire. La smetti di esagerare tutto quanto?
- Ma sto male. Che medicina potrei prendere?
-Va' in farmacia e prenditi un Actigrip.
- Ha controindicazioni?
- No!

[due ore dopo]


-Mi sento strano.
-Hai preso la medicina?
-Sì, mi sento come se avessi  fumato.
-Come intontito?
-Esatto, sono fuori, mi sta venendo paura.
- Madddeche?!? E' normale che ti dia sonnolenza.
- A dire il vero non lo so, prima ho letto in fretta le controindicazioni.
-Ecco, sta tranquillo.

- Ilaria!
-Eh?!?!?!?!!?
- Qui c'è scritto che può "provocare ulcere fatali"...
- Allora sei veramente spacciato!
- Non dire così, che adesso mi sento svenire. Se mi succede qualcosa è colpa tua.
- Senti, davvero, piantala. Ti ricordo che fumare fa venire il cancro ai polmoni. Una pastiglia di Actigrip al massimo ti fa venire sonno. Con 'ste lamentele hai veramente scassato la minchia.

-Non mi sono lamentato. Spero solo di non essere allergico...


Quando dio ha deciso che solo noi  donne possiamo rimanere incinte, ha fatto un ENORME piacere a tutte quante, credetemi.



sabato 23 giugno 2012

Wendy


E dentro sento esplodere Le luci della centrale elettrica, forse non le hai mai ascoltate perché la malinconia ti ha fatto paura.

Sono amara come il cerume, l'abbiamo assaggiato quando all'asilo si capiva il corpo.

Invece dovresti leggere le parole, come fosse un poeta. Rimarresti sorpreso, anche la tristezza cambia, ti eri sbagliato, sono solo una finestra chiusa. 

Dimmi che non rimarrai bambino per sempre. Anche Peter Pan smetterebbe di volare per invecchiare accanto a qualcuno.




lunedì 18 giugno 2012

Linguistica, una lezione.

L'altro giorno sono andata al Wok Sushi. Immancabilmente qualcuno ha fatto l'imitazione dei camerieri, signola le polto della billa?

Bene. 
Blavi. 

Adesso vi spiego perché tutti i cinesi scambiano la "l" con la "r". 
C'è una ragione linguistica ben precisa.

Un fonema è un suono distintivo. Se prendo due parole quasi identiche, p-ane e r-ane, mi accorgo che, variando (in questo caso) la prima lettera, varia il significato dell'intera parola. Quindi la p e la r in italiano sono due suoni distintivi, due fonemi.

Sono due fonemi anche la r e la l. Ci sono le r-ane e ci sono le l-ane. Provate a far gracidare le lane! L e r non si possono scambiare, altrimenti viene alterato il significato che si va a veicolare.
Ci siete? E' semplice!

Adesso pensate a un vostro amico con la r moscia. Uno che pavla tutto contovto.
Ecco.
Anche se pronuncia una r imbarazzante voi lo capite comunque, Roberta e Voberta sono la stessa persona. 
Questo perché, in italiano, la r moscia è solo una piccola variazione, un allofono, un suono non distintivo. La r moscia è solo una maniera, ai nostri orecchi, un po' diversa, per pronunciare uno stesso fonema. In pratica, se dico rane o vane il significato per noi è lo stesso. 
Giusto?

Ecco. In Cina la r e la l non sono due fonemi distinti, il fonema è uno solo, l'altlo è un allofono!
Più semplicemente, come noi NON percepiamo la r moscia, o la zeppola, come consonanti diverse, così un cinese, non percepisce come diverse la r e la l.

Immaginate due note, il re e il mi. Questi sono due fonemi. Fanno un suono diverso.
Immaginate il re suonato da una viola e da un violino. La nota è la stessa, cambia solo come la suoni.

Birra e billa.

Per un cinese la bevi comunque.



(questo post non ha valore scientifico, sono state apportate, per non aprire troppe questioni, alcune semplificazioni)


venerdì 15 giugno 2012

Estate

Il post di oggi doveva essere un po' malinconico, breve e incisivo.

Solo che poi è arrivato uno stormo di cavallette.

Impiego il termine stormo con coscienza, sciame ricondurrebbe alle api, insetti piccoli per lo più. Le locuste appese alle mie finestre sono grosse come passeri. Quando si muovono fanno un rumore secco, simile alle trappole per topi quando si chiudono. Zap! e te ne ritrovi un paio sulla ringhiera delle scale, zap, un'altra sul lampadario in cucina, zap, quest'altra prende il sole sul tettuccio dell'auto.
Intanto la mietitrebbia corre avanti e indietro, taglia il grano e semina terrore, tutti gli insetti, spaventati, si rifugiano nel MIO giardino.

Come sanno i miei amici più cari, io le cavallette le odio, le trovo repellenti.

Estate 2010. Siamo in Maremma. Marco dorme. Ho la brillante idea di mettermi in costume, ne indosso uno intero perché il mare è distante, decido di fare la pudica.
Alle due il sole è troppo forte, mi pianta i raggi addosso come fossero chiodi.
Entro.
E già che ci sono tendo agguato alla mia dolce metà- faccio silenzio, mi avvicino- sta russando- cammino sulle punte e mi protendo per dargli un bacio sulla schiena. 
Mi piego.
La vedo.
Tiro un urlo così forte da svegliare tutti i cinghiali della zona. Marco non capisce, vede me scappare fuori dalla stanza, così si mette a gridare, più per emulazione che per paura.
Esce e chiude la porta.

-Hai chiuso la porta?!?
- Ma cosa c'è?
- Una cavalletta gigante sull'armadio.
- Mi farai morire prima o poi. Lo sai?
- Sì, ma tu hai chiuso la porta e le chiavi sono dentro, sopra il tavolo. E' aperta solo la finestra del bagno.

La finestra del bagno si trova al primo piano. Rialzato. Dobbiamo chiedere una scala a qualcuno.
Non abbiamo vicini.
Ci guardiamo.
Marco è in mutande. Io sono scalza col costume intero. L'unico costume intero che io abbia è quello di Miss Italia.
Non avevi altro da mettere?
Borbotta una bestemmia, visto che siamo in maremma la adatta agli usi linguistici del luogo.

Forse non è il caso di scendere in paese, mi fulmina.
Anche perché le chiavi della macchina sono in salotto, gli ricordo.

Decidiamo di arrampicarci. 
O meglio, decido che Marco si deve arrampicare.

Sotto la finestra del bagno l'erba è ispida come la barba di un vecchio. Costruiamo una struttura con le sedie e il tavolo da giardino.
Lui ha smesso di parlarmi, mugugna solo, tu tienila stretta, io adesso salgo.
Si issa come fanno i bambini quando montano sulla credenza per prendere i biscotti.
Le zanzare mi pungono le cosce. Comincio a lamentarmi. La torre traballa, Marco pure.
Lui si fida, infondo è adulta, pensa, riuscirà a controllarsi.

Se il mio dolce è ancora vivo è perché le cavallette, un po' perplesse, hanno preferito guardarci da lontano, due pazzi simili, a Scansano non si erano mai visti.
Meglio stare alla larga.

Amore mio, a volte la vita è solo questione di fortuna.

domenica 10 giugno 2012

Una separazione.

Le puttanate, anche se scritte da dio, rimangono puttanate.
E dai una, dai due, dai tre decidi che forse, quello che consideravi un bravo scrittore, uno che sa il fatto suo, a cui tu saresti rimasta fedele per sempre, riempie le pagine di storie inconsistenti.

La mia relazione con Ammaniti è finita. L'ho lasciato. Niccolò, non ci capiamo più, non credo a quello che dici, quello che  mi racconti mi annoia. Ti ho amato, ma finisce qui. 

Credetemi, ho cercato fino all'ultimo di recuperare il rapporto, anche il mese scorso, quando è uscito Il momento è delicato, mi sono fiondata in libreria pensando panciamiafatticapanna. E invece sono rimasta a bocca asciutta. Una serie di racconti in finto pulp, che fanno la stessa fine dei sassi lanciati sul pelo dell'acqua senza successo, non rimbalzano, affondano -plup!- altro che pulp.

Anche il romanzo Che la festa cominci mi aveva deluso, totalmente privo di quella freschezza vivace che tanto mi era piaciuta in Ti prendo e ti porto via. Eh sì, ripensandoci bene era stato il suo ritmo energico a farmi innamorare.

E invece ora, Niccolò caro, mi ricordi quei romani, stereotipati e cialtroni, che in spiaggia ti raccontano la storia dell'orso per invitarti a uscire. 
Fra poco ho ventisette anni. Le storie nate al mare lasciano tempo che trovano.

Ti saluto,
Hai tanti amici, non sentirai la mia mancanza.

Ricordati che un bravo scrittore, se non ha niente da dire, rimane in silenzio.

venerdì 8 giugno 2012

Masochismo

Sabato sera, ci guardiamo davanti a una birra. Umore burlone, un tantino sopra le righe.
Sai, dico a Marco, quest'estate cercano le nuove veline. Io e l'Eri pensiamo di candidarci. Lo proclamo solennemente con un sorriso a ottantacinque denti. Certo, sto facendo la babbea, Marco ormai dovrebbe capirlo, ma evidentemente non viene colto.
Ilaria, né tu né L'Erika potete permettervelo. Non renderti ridicola.
Visto che lo scherzo mi torna indietro storpiato, cerco di sdrammatizzare. Eh sì, ormai siamo delle vecchie carampane!
E la mia dolce metà mi risponde candida. No, no, non è questo il punto. Con quel culone che vi ritrovate non siete proprio adatte. Né tu né l'Erika.
La Guinness che dolcemente stava scendendo giù per l'esofago si blocca di colpo a metà del tragitto. 
Come scusa? 
L'umore vira improvvisamente, adesso diventa nervoso, simile al prurito. E la conversazione  a questo punto va approfondita, diventa questione di principio. 
Bé amore, dai, inutile negarlo. Le veline sono perfette, voi siete belle a modo vostro.
Ha detto proprio così, A MODO VOSTRO.
Definiscimi il concetto di a modo vostro.
Bè, insomma, basta che ti guardi i filmati su You Tube e tu faccia un confronto. Non avete proprio le caratteristiche adatte. Loro sono perfette. Preferiresti avere uno di quei morosi che ti illudono di esser adatta a fare tutto?
La risposta è sì, qualche volta lo preferirei.
Ti ricordo che abbiamo partecipato a Miss Italia.
Certo, ma erano altri tempi.
Tutta la birra nel mio stomaco si è trasformata in bile, anzi no, in lava, ribolle e scotta.
Ammutolisco.
Marco per consolarmi continua da solo. Dai, su, io non mi metto a fare confronti con Brad Pitt, so di essere nettamente inferiore. Non metterti a fare il muso.
Una donna sa applicare velocissimamente la proprietà transitiva. Come Marco si considera nettamente inferiore a Brad Pitt così noi dovremmo considerarci nettamente inferiori alle veline.
NETTAMENTE INFERIORI.
Andiamo a casa, va'.
Dai che sei bellissima. 
Gli spaccherei il bicchiere in testa. A lui, a Brad Pitt e alle veline.

Morale.
A volte, a vivere nell'ignoranza, si sta molto più tranquilli.






lunedì 4 giugno 2012

Libertà

C'è un vecchio in carrozzella, l'hanno portato sul ciglio della strada, vicino al distributore di benzina. Guarda le auto passare, porta un cappello di paglia, per non rattrappire ancora.

Incontriamo un nero attraversando la piazza. Cammina con gli occhi spenti, il passo è lento, sa di vuoto. Mi dici che ha provato a scrollarsi di dosso la vita che gli rimane, non c'è riuscito.
Così l'ha fatto ancora. 
I medici gli hanno ricucito l'anima sulle spalle, lui non sa che farsene.

Il vecchio conta le audi bianche. Sputa. Se ne passano almeno quattro andrà a letto felice. 
Poi una folata di vento lo sbriciola, come le foglie secche in autunno.

Il nero pensa in una lingua lontana. 
Galleggia e si lascia marcire. Guarda le forme delle nuvole che viaggiano, lui rimane e si sente solo.




martedì 29 maggio 2012

Heartquake

E' quando la vedi che tutto intorno comincia a tremare, crollano i grattacieli, esplodono le montagne, si vacilla come equilibristi sulla fune. 

Si è legata i capelli con un elastico scuro, forse oggi riuscirai a dirle sei bella, scala Richter 3.4, a farle una carezza, scala Richter 6.3.
Avrei solo una vita e la vorrei passare con te. E neanche tu sai bene come ci sei riuscito, il cuore si apre e si richiude vorace, quasi cercasse di respirare a fondo, per riprendere fiato.

Hai bisogno di aiuto, tendi la mano, hai paura di tutto questo amore che potrebbe crollarti addosso all'improvviso, qualora lei ti voltasse le spalle.

Se il cuore ama e distrugge forse è fatto di terra.

giovedì 24 maggio 2012

Vicinanza

Quando parlo uso spesso l'espressione "mi è venuto il fotone".

Ho trovato i miei orecchini preferiti sul comodino di mia sorella e mi è venuto il fotone.
La gatta mi ha pisciato sulla sacca della palestra e mi è venuto il fotone.
Erika e Lucia sono arrivate coi soliti 45 minuti di ritardo, mi è venuto il fotone.

Dicesi "fotone" quella rabbia improvvisa, azzarderei fulminea, solitamente accecante che ti intasa le vene del collo quando qualcuno non fa le cose come vorresti, o come dovrebbe.
Sono soggetta a fotoni brevi, intensi e frequentissimi.

Ultimamente mi viene il fotone tutte le volte che esco per andare a leggere sull'amaca, nel giardino dietro casa.
Guardo dove una volta si vedevano le montagne, da lì in estate arriva il fresco che ti solletica il collo, e vedo una bella impalcatura di due piani e mezzo e una casa di mattoni ancora da finire.

I miei vicini hanno avuto la brillante idea di costruirsi un'altra villetta che dà proprio sui fatti nostri.

Mi viene un fotone terribile perché non posso farci niente, al massimo far crescere una siepe, no, Ilaria a quello ci pensa il papà e tuo papà vuole mettere il bambù. 
Ancora bambù?

Devo trovare una soluzione per sfogarmi, tendendo in considerazione che non posso tenere il muso a nessuno, né impiantare una grana.

E quando sono a tavola li vedo. Una bella scatola di Raudi, piena fino all'orlo. 
Capodanno 2011.
Sono petardi grossi come un mignolo, quando esplodono fanno un rumore importante, abbastanza forte da convertire immediatamente il mio nervosismo in simpatica burlonaggine.

Ne faccio esplodere qualcuno quando c'è silenzio. 
Quando vorrei godermi il mio bel paesaggio e invece ci sono solo una betoniera e una gru.
Quando i miei vicini, possibilmente, dormono.

BAAAAM!

E il fotone è passato.







domenica 20 maggio 2012

Maieutikè

Guardiamo la finale di Champions, Chelsea-Bayern. Io tifo gli austriaci. 
Ilaria, in caso tedeschi, Bayern Monaco, Germania. 
Bé, tifo per loro perché hanno la maglia giallo rossa. 
Ilaria, è bianco rossa, ma ci vedi? 
No, non ci vedo, ho gli occhiali in camera e non ho voglia di andare a prenderli.
Di fatto, vincono i londinesi ai rigori.
Decidiamo di uscire, fanno un concerto all'Arcadia, chiedi a tua sorella che musica suonano.
Post-rock-doom.
Andiamo verso, nonostante io mi stia chiedendo che cazzo voglia dire post rock doom. Quando arriviamo scopriamo di dover pagare. Marco mi chiede, allora, cosa vuoi fare? Dai decidi tu, che a me questo genere non interessa più di tanto, possiamo andare a berci una birra da qualche altra parte.
Ho la malaugurata idea di rispondere, per me è veramente indifferente.

Scatta la predica.
Ilaria, ma come può esserti indifferente? O una cosa ti va o non ti va, come puoi mettere sullo stesso piano due scelte opposte? Sai, l'indecisione non porta a niente. Ricordatelo. Bisogna essere pratici, una cosa ti piace o non ti piace. Allora, cosa preferisci, andiamo o restiamo?

Per praticità dico, andiamo a bere, per farlo smettere prima.

Mai l'avessi fatto.

Ecco, lo vedi che avevi una preferenza?!? Mi tocca tirati fuori tutto? Lo sapevo, un po' di carattere, amore mio! Devo usare sempre la maieutica? (ebbene sì, ha detto proprio MAIEUTICA).
Dai, andiamo a prenderci sta birra, e impara a scegliere autonomamente.

Io continuo a pensare che mi era davvero indifferente restare o andare.

E poi capita che Marco apra il menù.
Chi lo conosce avrà già intuito, su Marco e il cibo si potrebbero scrivere interi libri.

Oddio, non so cosa scegliere, c'è troppa roba buona.
Secondo te cosa scelgo? 

Quando abitavamo a Padova al supermercato si bloccava in mezzo alla corsia. Voleva comprare tutto, nonostante la lista. Ilaria, sono paralizzato, aiutami! Così o lo tiravo per un braccio, portandomelo dietro senza ascoltarlo come coi bambini, o lo abbandonavo da solo col carrello. Fai tu, basta che la pianti.

Ed ecco,  non sa che panino ordinare. Li valutiamo tutti. 

P a z i e n t e m e n t e.

Si sbaglia pure e mi chiama mamma. Mamma, hai guardato le focacce?

Maieuticamente potrei estrapolare se vuole una bruschetta, o un cheeseburger.

Fortunatamente ho studiato lettere, non filosofia. 
Decido per lui senza tanti giri di parole.

E vissero per sempre felici e contenti.





giovedì 17 maggio 2012

Fisiognomica

Ti svegli e hai gli occhi cambiati, si sono fatti adulti, meno tondi, hai asciugato sguardi gravidi anziché rompere le acque, così ti ritrovi il deserto dentro il viso, davanti allo specchio ti senti perduta.

In città i  "Compro Oro"  hanno ingoiato i negozi stanchi, come al cimitero, si strappa la tomba vecchia per piantare un morto nuovo, ricoperto di fiori e marmo bianco.

Forse avresti dovuto capirlo allora, che il tempo non è più lo stesso. E che la fatica degli anni macchia le mani anche se per una vita ci hai spalmato la Nivea.

Vicino al comune hanno sventrato una banca. Sono spuntate vetrate scure e porte automatiche. Ci infilo dentro la testa per vedere che forma abbia un casinò atterrato, chissà come, in una cittadina perbene.

Ci sono le slot-machines e uomini neri col cartellino al collo. 

Hai venduto la collana di tua madre perché dovevi pagare il dentista.

Qualche volta ti senti triste, quando ti pare che la crisi abbia rimpicciolito il mondo e a te non rimane che guardare quello che resta

lunedì 14 maggio 2012

Comunicazione di servizio

Il mio utente fb è stato bloccato, pagina del Pesce inclusa. Credo mi abbiano censurato perché ho usato la parola "orgasmo". In attesa che la situazione migliori, vi porgo i miei saluti più ribelli, 
Buon orgasmo a tutti.

Sempre vostro,

Pesce Volante


venerdì 11 maggio 2012

Palle e bazuka

Primo giorno. 82 chilometri. 12 ore sprecate. Ambientazione.
Gli uomini in scatola non possono parlare, scrivono al computer, vanno in bagno solo se sta per scappare. 
Posso guardare le mail in pausa pranzo? Non si potrebbe. Sappi che tutti i computer sono controllati periodicamente. Anche il tuo.

Secondo giorno. 164 chilometri. Sconforto.
Suona la sveglia e bestemmio prima ancora di scendere dal letto.
Scusa, ma per questa settimana ti diamo da archiviare fascicoli. Porta pazienza. Penso a Kafka, forse dovrei dargli un'altra chance.
A pranzo decido di uscire. Intorno c'è solo asfalto. Penso che potrei suicidarmi, ma poi mi viene in mente il telegiornale e chi si è suicidato per davvero, perché un lavoro non ce l'ha. Mi vergogno e colo verso il fondo. In autostrada comincio a piangere, mi trasformo in un diluvio, e non riesco a smettere.
Mia madre non mi consola, sa che  tutte le tragedie hanno una fine.
Comincio a elaborare vie di fuga.
Tira fuori le palle, mi dice. Decido di tirarle fuori. Palle e bazuka.

Non piangevo per la fatica, facevo il funerale al tempo sprecato, ché quando muore lo seppellisci per sempre.

Terzo giorno. 282 chilometri. Aiutati che il ciel t'aiuta.
Se non gira si fa girare. Comincio a fare amicizia, gli uomini in scatola sono come tutti gli altri, solo più efficienti e funzionali, uno stipendio indeterminato in cambio di euro determinati, trenta milioni in un anno. A fine mese ti convertiamo in numero, se non hai prodotto abbastanza sei scartato.
La statistica appiattisce le variabili umane.

Quarto giorno. 328 chilometri. Ilaria's back.
Per farmela passare comincio a immaginarmi come potrei offendere, nel peggiore dei modi, ciascuno dei miei colleghi, nel caso ci fosse una rissa, non si sa mai. Penso anche a come potrei distruggere tutti i documenti, nel modo più veloce possibile. Fuoco ed estintore.
Mi sono ripresa.
Tengo stretti in mente Marco, i libri, l'Eri e tutte le parole che sento scorrermi nel sangue e che non ho potuto fissare da qualche parte.

Quando diventerò presidente Confindustria vi salverò, ci salveremo, tutti quanti.
E' una promessa.