La settimana scorsa ho fatto un paio di colloqui in un'azienda.
Ora.
Più i colloqui erano andati bene meno dormivo la notte. Mi vedevo come una giovane Franz Kafka, uscire dall'ufficio alle sette di sera, frustrata, o chiusa in bagno in pausa pranzo ad annotare i miei pensieri sulla carta igienica.
Purtroppo non sono Kafka e in tempo di crisi le mie paure romantiche sono ridicole, lo so.
Le mie amiche possono dividersi in due macro categorie. Quelle che credono al destino, chiamiamole, "le paranormali" e le "razionaliste convinte", capostipite la mitica Aldicchia.
Io mi colloco esattamente nel mezzo, per questioni di comodo, credo, meglio prendere un po' dell'una e un po' dell'altra, non si sa mai.
Paola il destino non lo concepisce proprio. E trova ridicolo quando prendo decisioni sulla base di sogni o segni, fuma la sigaretta col mezzo sorriso, che cazzo stai dicendo? Eppure Pabli, sono andata dalla parrucchiera per rasarmi e lei non c'era, avevamo appuntamento, devo tenermi i capelli lunghi, è destino, fidati.
Ecco, dopo il colloquio ho una brillantissima idea.
Prendo il vangelo, sì, il vangelo e lo apro bruscamente, scelgo una pagina a caso. Le prime righe che leggerò saranno la risposta alla mia domanda.
Cosa devo fare, lo accetto questo lavoro che mi fa già sentire la vita in gabbia?
Galati 5, Perseverare nella libertà.
"eravate partiti bene; chi vi ha fatto inciampare sulla via della verità? quel che vi hanno detto per farvi cambiare idea non proviene di certo da Dio che vi chiama. Ma badate bene: un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta. Ma per quanto vi riguarda il signore mi dà fiducia: non prenderete un'altra strada [...]"
Mi si è gelato il sangue. Lo giuro.
Da improvvisa seguace del paranormale avrei chiamato subito la ditta, no grazie, ho cambiato idea, non lo voglio, il vostro lavoro, ho fatto il colloquio tanto per scherzare.
Da razionalista, povera, dovrei vietarmi i Ghostbusters e le palle di vetro.
E anche il vangelo.
Ho detto di sì.
Non ha vinto il razionalismo, sia chiaro, quanto piuttosto la povertà.
Ho un mese di tempo per affermarmi nel panorama letterario nazionale, questa è l'unica via di scampo.
Intanto, prima di addormentarmi, mi metto a fantasticare sul modo in cui mi licenzierò. E' un pensiero che mi dà sollievo, mi fa dormire meglio.
Chi ben comincia è a metà dell'opera, dicono.