martedì 26 marzo 2013

I pantaloni

Quando facevo l'università andavamo in palestra, tutte nella stessa. Si attraversava Prato della Valle scuro e pieno di nebbia, cercando di non finire con le ruote dentro la rotaia del tram.
Elena era la più dedita. Erika la meglio vestita. Paola e Serena le più tossiche -sigaretta sacro santa post allenamento.

Io quella sera ero la più svogliata. 

Così avevo mollato i macchinari ed ero tornata a casa prima, per lavarmi con calma e leggere qualcosa. 
E alle dieci la porta scorrevole della mia stanza si apre, Elena entra furtiva e la richiude dietro di sé stando attenta a non fare rumore. 

Segreto. Dalla faccia mi deve dire un segreto.
E comincia.
Ilaria, non devi dirlo a nessuno. 
Non lo dico a nessuno, le prometto. Cos'è successo?
Lei mi guarda con gli occhi felici. 
Ho rubato per la prima volta in vita mia! Sono andata in spogliatoio a cambiarmi e insomma, ho visto dei pantaloni bellissimi, neri, e non c'era nessuno. Ilaria, non sai quante volte mi hanno rubato le magliette. A me si sono bucati i pantaloni e così ho visto quelli appesi e li ho presi. Tanto erano lì...
Secondo te ho fatto male?

Le dico di oddio, io non lo farei, ma non muore mica nessuno. Lei si sente meglio e torna in camera. 
Io ricomincio a leggere.

E mi suona il telefono. E' Erika.
Ciao! Dico a Erika, come va?
Bene, mi risponde lei. Non sai cosa mi è successo sta sera.
Cosa? le chiedo
Sono andata in bagno in palestra e mi sono trovata senza pantaloni.
Come scusa?
Ilaria, mi dice lei. Mi hanno rubato i pantaloni nuovi finché stavo facendo pipì. Il tempo di andare in bagno ed erano spariti. O magari li ho persi, non so...sono tornata a casa con quelli corti.

Era dicembre.

Io rimango serissima, ma dentro il diaframma sta cercando di trattenere una di quelle risate che esplodono di colpo, prepotenti.
E quando riattacco m'imboresso come una pirla.

Quando dico a Elena che ha rubato i pantaloni di Erika, Elena sbianca nonostante la pelle lampadata.
I pantaloni di Erika in effetti erano bellissimi. Nella sfiga non potevi avere gusti migliori, mi complimento.
Mi fa giurare di non dire niente. A nessuno. 
Ilaria, è la prima volta che rubo. L'ho fatto solamente perché anche a me sono sparite delle cose.
Insieme elaboriamo un piano per farglieli ritrovare, casualmente, in palestra.
E ci riusciamo.

Erika per un lungo periodo ha pensato di non vederci bene.
Elena non ha più rubato.
Io non ho mantenuto il giuramento.
Tutte abbiamo un ricordo allegro.

venerdì 22 marzo 2013

Una parafrasi

Da quando ho aperto il Pesce ho cominciato a seguire il blog di Lorenzo Amurri. 
Il cognome Amurri non mi diceva perfettamente niente, mi piaceva -e mi piace- leggere i suoi post, punto.

Solo che poi esce Apnea per Fandango, il suo primo romanzo.
Lo leggo.
E mi ritrovo a vedere Lorenzo per la prima volta, dalla Bignardi. 

E' molto bello.

Credo che porcatroia sia la parola che meglio riassuma il cumulo di sensazioni che mi ha dato il libro. 

Parafraso l'espressione, così potete capirla anche voi.

Apnea è il racconto di un dolore, maledetto e soprattutto personale. L'autore ha vissuto un incidente terribile, il suo corpo si è spezzato.

Scopro che non è difficile vivere un incidente, il difficile è sopravvivergli. C'è un'enorme differenza. 
E Lorenzo me l'ha fatto intendere bene, senza retorica.

Sapete, contiene un sacco di corpo il suo libro, ci sono tubicini, cateteri e tanti dettagli, a leggerli ti crolla addosso una valanga di pensieri ed emozioni e nessuno ti aveva avvisato che sarebbe successo.
SBAMMM!
Roberto Ferrucci ci diceva sempre che uno scrittore è davvero bravo quando ti fa capire un sentimento senza nominarlo.  
Io credo che Amurri sia stato bravo.
Perché si è spogliato degli orpelli che ti trovi inchiodati dentro quando hai avuto un passato sfortunato che ha determinato una vita per forza di cose.
Ci sono dolori che in qualche modo possono limitare in partenza la scrittura che essi stessi generano.
E invece no, Lorenzo nella scrittura mantiene sempre un certo equilibrio, una precisione che rende la sua storia anche un buon racconto. Le due cose non sempre vanno di pari passo. 
E la sua salvezza diventa anche un po' nostra.

Ecco. Credo che porcatroia sia più un'onomatopea, una colonna sonora. Spero che la troviate più dolce adesso che ve l' ho spiegata. 

sabato 16 marzo 2013

Un'anticipazione

Io probabilmente arrivo tardi e gran parte di voi questo film l'ha già guardato.
Ma se vi dico I love radio rock e il titolo non vi suggerisce perfettamente niente, allora questa pseudo recensione potrebbe fare al caso vostro.

I love radio rock è uno dei film più belli che io abbia visto in questo febbraio- mi accorgo rileggendo che in realtà siamo in marzo e come col nuovo lavoro io abbia perso il senso del tempo, porca eva.

Comunque.

Il film è ambientato negli anni 60, forse verso la fine, e racconta di una stazione radio pirata, osteggiata dal governo e amata da tutto il popolo inglese.
Si trasmettono canzoni rock 24 ore al giorno. E il bello è che lo si fa da una barca, ancorata nel Mar del Nord. 
Della trama non vi dico nient'altro.
Fidatevi e guardatelo. 
I personaggi sono una meraviglia, un gruppo di uomini e una lesbica sanno metterti di buon umore, complice la buona musica, certo, ma la sceneggiatura è ben scritta, le battute sono intelligenti e ti ritrovi a ridere di gusto.

E sapete, da qualche mese anche noi stiamo lavorando a qualcosa di buono. 

Marco e Giulio hanno scritto un progetto e ce l'hanno fatta, sono stati finanziati dall'Unione Europea per la fondazione di una web radio.
Che uno pensa, cosa vuoi che sia, ti metti davanti a un computer, ci attacchi un microfono e sei a posto. E invece no, non è mica facile, bisogna costruire il sito, cercare i contatti e gli eventuali collaboratori, trovare una sede, far le riunioni, promuoversi, imparare a parlare. E prova tu a togliere l'accento a un valdagnese, sarebbe ardua quanto farlo diventare astemio!

Pian piano la radio sta prendendo forma. Ed è bello vedere come una squadra di giovani che sguazzano dentro la crisi, abbia imparato a nuotarci dentro con un certo stile, costruendosi una specie di salvagente, una barca, su cui far salire tutti quelli che hanno qualcosa da raccontare, perché chi racconta crea vita, l'ho sempre pensato.

Con loro ci sarò anch'io, col mio programma.
Salperemo verso giugno, questa è solo un'anticipazione.

Stay tuned.

sabato 9 marzo 2013

La migrazione

Lo sai com'è giocare i tempi complementari, il venerdì sera mi ricordo come si fa a sorridere e sorrido a tutto quello che trovo intorno, perché anche una pietra è più allegra di un computer che non riesce a chiederti come stai, le pietre puoi farle rimbalzare sull'acqua.

E mi domando come si senta il canarino che vola sulla campagna, senza trovare nessuno che lo aspetti.

Perché sei costretto a lavorare la sera, e ad assecondare passioni che una volta a sentirtele raccontare mi facevano stare meglio e che adesso mi fanno sentire sola.

Come si fa a rimanere vicini, quando il tempo ci spinge a cercare il futuro che gioca a nascondino, e siamo tutte vedove bianche, ad aspettare che insieme smetta di essere soltanto una parola.

Coi sassi costruivo le dighe, le mani nell'acqua si arrossavano e diventavano viola.

Gli uccelli che migrano si fanno coraggio, quando arriva la tempesta.
Dov'è andato il mio stormo?