Sono bambina. Siamo in giardino.
Io e mia sorella facciamo il gioco della fiducia e mio padre vuole giocare.
Girati che ti prendo, mi dice.
Apro le braccia, lui si posiziona alle mie spalle, tende le braccia.
Buttati, esclama.
Mi lascio cadere all'indietro, lui mi lascia cadere all'indietro. Vado lunga distesa, per fortuna che stavamo sul prato.
Mi raccoglie ridendo, così impari a fidarti troppo, cucca.
Mio padre fa il medico e ha un manichino perfettamente uguale ad un uomo vero, è vestito con una tuta grigia da meccanico, lo adopera per le lezioni di primo soccorso o per spaventarci.
Ce lo fa trovare seduto a tavola, disteso sul letto, sopra il water.
Immancabilmente urliamo come aquile, immancabilmente saltella in giro per la casa scompisciandosi per la mezz'ora successiva.
Credo che mio padre sia stato un buon fratello.
Gli ho prestato un libro di John Fante, A ovest di Roma. Leggetelo, Fante è simpatico e scrive da dio.
E' entrato in salotto tenendo il libro in mano e ha cominciato a leggere ad alta voce:
"Ma era buona la mia Harriet, aveva resistito venticinque anni accanto a me e mi aveva dato tre figli e una figlia, ognuno dei quali, o tutti e quattro, avrei senza rimpianti scambiato per una Porshe, o anche per una MG GT v'70."
Questo libro mi piacerà tantissimo, ci dice. A me basterebbe scambiarvi con un attrezzo da cucina per essere felice.
Mio padre è un ottimo cuoco.