lunedì 11 agosto 2014

Partire

Ogni oggetto nuovo è da scartare. Taglio le scatole, apro le buste di cellophane, levo le etichette, sfaldo le unghie. Il pavimento si riempie di sporco, calpesto il nastro adesivo e lui per vendetta si incolla sotto le suole.
Rompo una tazzina. Tutte le cose hanno una consistenza, la fatica è dura e appiccicosa come le mie spalle quando sollevo il decimo scatolone. 
Puzzo di sudore, tolgo la maglietta.

Penso tanto, leggo poco.

Ho ricordato la storia di ogni libro che ho chiuso dentro un pacco -dove l'ho comprato, se ero felice- ho riempito diciassette scatoloni, ventinove anni, li ho sentiti per la prima volta.
Nei sacchi della spazzatura getto i biglietti dei concerti, gli auguri di natale e le medicine scadute.
Mi ripeto che infondo mica mi sto sposando, posso sempre tornare indietro.
Mia madre mi ha già detto che vorrebbe un nipotino, cinque volte in un paio di giorni. Le ho risposto che prima devo scrivere un romanzo.

Tengo le lettere e i diari, ci sono un mare di parole che mi hanno fatto capire meglio il mondo, monto comunque gli scaffali ikea nella maniera sbagliata, bestemmio un paio di volte e lascio il martello sul pavimento.

Quando pulisco lo specchio faccio uno spruzzo sopra il viso, così divento un soffione. Com'è che sono cresciuta e non mi sono accorta del tempo che mi attraversava, ogni inverno mi sembrava diverso e invece ero io che cambiavo gli occhi.

Ripenso a com'è stato essere un'adolescente magra, sempre chiusa dentro una stanza, alle amiche, ai nuovi fratelli, a quando l'amore era ad un bivio e tutte le direzioni mi parevano giuste.

Lasciare il mio materasso memory sarà una tragedia. Salgo in camera e strofino la spugna dentro i cassetti, c'è odore di liquirizia o forse di fumo.
Apro i balconi.
Fuori le pannocchie hanno un ciuffo biondo, sotto di me c'è un mare verde gonfio di agosto ed erba umida. Vorrei giocare a pallone e sbucciarmi le ginocchia col corpo che avevo da bambina.

Oggi sono ancora io, domani come saremo?